Recensione di “L’Appalto” di Sergio Grea, Piemme, 2012

E’ il primo romanzo che leggo di questo autore così prolifico e a me, finora, sconosciuto.

Si tratta di un thriller che ha per protagonista Dave Stirling, un affermato avvocato americano di origine scozzese, il cui studio al settantottesimo piano della Torre Sud a Manhattan è stato spazzato via dall’attentato del 11 Settembre; insieme allo studio perde colleghi, carriera, ricchezza e punti di riferimento sia umani che lavorativi. E’, quindi, un uomo disperato quello che troviamo all’inizio del romanzo in un caffè di Manhattan, dove incontra per caso un suo vecchio professore dell’università che gli offre un incarico per rilanciare la sua carriera: rappresentare una società russa nella gara d’appalto che in Uzbekistan è stata bandita per la costruzione di una serie di dighe sul Lago d’Aral.

Dave accetta e parte prima per Mosca, poi per Tashkent, la capitale Uzbeka. Qui, nelle gelide terre dell’ex Unione Sovietica, incontra gli altri protagonisti della vicenda: Kroshenko, il capo della ASP (la società che gli ha dato l’incarico), Taskoniev e il suo vice, a capo del consorzio che ha bandito la gara, gli altri membri della ASP e i componenti della delegazione dell’altro concorrente in gara, una società francese. Si aggiungono una giornalista australiana e la giovane assistente di Taskoniev.

L’assegnazione dell’appalto, che inizialmente sembrava doversi risolvere in tempi rapidi, subisce numerose battute d’arresto a causa di vari omicidi (riusciti o tentati) ai danni di alcuni dei personaggi coinvolti. Dave, dopo mille peripezie, riuscirà faticosamente a capire come sono andate davvero le cose e quali sono le vere motivazioni alla base dei fatti e dei comportamenti dei suoi compagni d’avventura.

 

La trama è piuttosto originale, così come l’ambientazione: l’Uzbekistan e le terre devastate intorno a ciò che è rimasto del Lago d’Aral, oggetto di uno dei disastri ambientali di matrice umana più gravi di sempre. Purtroppo il ritmo della narrazione, anche se accompagnato da uno stile fluido e dopo un inizio che sicuramente incuriosisce, è lento, soprattutto nella parte centrale; ci sono tanti dialoghi in cui vengono dette e ridette sempre le stesse cose (a volte sembra di sentire un disco rotto) senza che succeda nulla di nuovo; solo verso la fine il racconto subisce una notevole accelerazione e diventa davvero piacevole.

 

Il personaggio di Dave Stirling è delineato piuttosto bene, l’autore riesce a rendere adeguatamente il senso di vuoto e di smarrimento che lo accompagnano insieme alla voglia di ricominciare; purtroppo lo stesso non si può dire degli altri personaggi, caratterizzati in modo superficiale, e per questo privi di spessore.

Un po’ favolistica, quasi da fotoromanzo, la storia d’amore vissuta dal protagonista.

Menzione speciale per l’ambientazione e per l’eccezionale capacità dell’autore di tratteggiare efficacemente l’atmosfera gelida (non solo per la temperatura) e cupa di queste terre dell’Asia centrale reduci dalla dittatura sovietica; i luoghi sono descritti accuratamente, non solo dal punto di vista visivo, ma anche sensoriale, climatico e sociale: sembra di sentire sulla propria pelle le sensazioni di freddo, oscurità e ostilità provate dal protagonista. Si capisce bene che l’autore ha non solo visitato, ma anche vissuto intensamente questi luoghi e per questo riesce a trasmettere al lettore l’interesse verso di essi: dopo aver letto questo romanzo, viene sicuramente voglia di aprire un atlante (o meglio, Google Maps) per vedere dov’è l’Uzbekistan, con le sue terre desolate e le sue città piene di storia (Samarcanda e Bukhara) in contrasto con l’anonima capitale Tashkent; così come si è spinti a conoscere ed approfondire la storia del Lago d’Aral e a sperare che non scompaia definitivamente.

 

Trama: 7/10

Stile narrativo: 6/10

Linguaggio: 7/10

Originalità: 7/10

Personaggi: 6/10

Dialoghi: 6/10

Ritmo narrativo: 5,5/10

Descrizioni: 7/10

Atmosfera: 8/10

Capacità di tenere il lettore incollato alla pagina: 5,5/10

 

Recensione di “L’Appalto” di Sergio Grea, Piemme, 2012ultima modifica: 2020-02-03T18:17:34+01:00da serenabag1976
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